Fare musica, dipingere un quadro…svariate sono le modalità con la quale l’artista crea l’emozione “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita” Ecco, il pensiero espresso dal professor John Keating, protagonista del film: attimo fuggente, pensiero che da solo varrebbe il costo del biglietto, dà la ragione dell’essere dell’artista. E, in ultima analisi, dell’esistenza di questo Blog. E l’essenza dell’arte è la creazione della bellezza, intesa come mezzo per suscitare una emozione. La profondità dell’animo umano si riflette nella sua miriade di possibili emozioni, e questo è il grande stimolo dell’artista, perché infinite sono così le possibilità per stimolarle attraverso un’opera. Attiene forse al campo della filosofia indagare come una creazione dell’uomo possa riuscire a stimolare un sentimento in chi la percepisce, in questo articolo si vuole invece evidenziare qualcosa che, nella nostra esperienza, è stato visto come spesso sottovalutato. Lo stesso stato d’animo, la stessa emozione, può essere stimolata sia dal suono che dal colore, è stimolante, per chiunque ami suscitare emozioni nell’animo di chi lo circonda realizzare che si può trovare una corrispondenza fra gli accordi musicali (combinazioni di suoni) e le sfumature (combinazioni di colori). Corrispondenza che abbina suono, sfumature e emozione. Sono un ospite in questo blog che vuole esprimere l’arte attraverso la pittura, ma in quanto provo emozioni nel suonare, voglio trasmettere come senta vicinanza a chi le trasmette dipingendo. Non parlerò, quindi di come si formano gli accordi, termine conosciuto anche chi sia a digiuno di musica elencherò solo la loro classificazione, abbinandoli alle sfumature che un pittore potrebbe decidere di utilizzare. È un esperimento e, come tale, scopriremo insieme il suo esito. Partiamo dalla classificazione, (da qualcosa si dovrà pur cominciare), avremo quindi tipologie di accordi: Maggiori, minori, diminuiti, aumentati. Questo per nominare solo i più comuni. Ognuno parte da una singola nota, la fondamentale, che dà il nome all’accordo L’accordo maggiore, a prescindere da quale nota fondamentale parte, conferisce un tono aperto e brillante alla composizione. Ha un suono luminoso, positivo. Esprime felicità, la gioia di vivere. Come esprimere simpaticamente la sensazione di positività che vuole dare? Accordi veloci, note ribattute freneticamente, e alla fine l’esplosione di gioia, l’accordo suonato con il “fortissimo” mantenuto “ab limitum”. E l’artista che dipinge come trasmette tutto questo? Posso immaginare un lampo giallo, l’allegria, che sfuma nel rosso, la forza vitale, pennellate brevi ma decise tracciate con ritmo veloce, uno sfondo arancio, la sfumatura non è graduale ma decisa, di scatto, un alternanza di colori ognuno con la sua forte individualità. Quindi se corriamo felici verso il futuro saremo avvolti nel giallo con un sottofondo di accordi maggiori. Ora l’accordo minore. Ha un timbro “malinconico” e struggente, l’atmosfera è intima, riflessiva Il suono è lento, persistente, si indugia una frazione di più su ogni tasto, la nota parte forte e poi dolcemente si spegne. In un quadro? Ora sto visualizzando il quadro di Edvard Munch “malinconia”. I toni sono tenui, quasi pastello, varia tonalità di lilla si alternano, tendono al violaceo, le pennellate sono lunghe, sembra che l’artista si soffermi perché distratto, perso nei suoi sogni e ricordi mentre dipinge, le linee sono ondulate, ma dolci, sempre nella stessa direzione, nessun stravolgimento a scuotere l’animo. Una scena di un sognatore nostalgico, su un fiume sarà immersa in questa atmosfera, con un sottofondo di accordi minori. La terza tipologia dei nostri accordi sono denominati “diminuiti” ha un suono inquietante e dissonante, c’e tensione nell’aria. Le note sono brevi, decise, le mani spaziano su tutta la tastiera, saltando le intere ottave. Quale tavolozza di colori potrebbe evocare la stessa sensazione? Aboliti i colori primari, abolite le pennellate monocromatiche, “L’Urlo” di Munch fa scuola. Lo stesso artista esprime lo stato d’animo che gli ispirò il quadro: “Camminavo per strada con due amici. Il sole era al tramonto e cominciavo a sentirmi avvolto da un senso di malinconia. A un tratto il cielo si fece rosso sangue. Mi fermai, appoggiandomi ad una staccionata, stanco morto, e fissai le nubi infiammate che gravavano, come sangue spada, sul fiordo nero-bluastro e sulla città. I miei amici continuarono a camminare. Io rimasi inchiodato in piedi, tremante di paura e udii un grido forte e infinito trafiggere la natura.” Colore bluastro, poi improvvise chiazze chiare, immerse in tonalità più scure, nulla è ben definito, non c’è disegno solo il colore ha il compito di evocare, di suggerire. C’è contrasto fra i colori caldi della parte superiore del quadro e quelli freddi della parte inferiore. Questo quadro va assaporato, circondati da una scala di accordi diminuiti. Con un saliscendi di volume. L’ultima tipologia di accordi di cui tratteremo sono quelli aumentati. La distanza fra la nota fondamentale e la terza nota dell’accordo, espressa in semitoni è maggiore che nelle altre tipologie di accordo. Questo gli conferisce luminosità, il timbro è espansivo. Possiede una grande solennità. All’interno di un brano musicale la sua sonorità è quella con maggior risonanza. Di fronte al mare tempestoso d’inverno decidete una svolta: Ci sarà chi vi prenderà per pazzo, ma sarà solo perché non capirà il vostro sogno. Il suono è profondo, lento, note gravi. La successione di note è molto legata fra loro. Non ci sono molti spostamenti delle dita, piuttosto una continuità lungo la tastiera. La corrispondente combinazioni di colori? Pochi colori distinti, ma con sfumature via via più scure, a dare il senso della profondità. Ogni colore è leggermente velato. La scena è aperta, senza tanti particolari, permette alla sguardo di spaziare. Anzi, l’artista non vuole che l’osservatore indugi sui particolari quanto che abbracci l’opera nel suo insieme. Ci si perda. La scena di un mare in tempesta, una cattedrale imponente ben si accompagna ad una successione di accordi aumentati. Qui mi fermo. Sperando di aver stuzzicato una curiosità, di aver fatto notare elementi che talmente sotto gli occhi possono proprio per questo sfuggire all’attenzione. Non dubito che ogni arte, ogni gesto creativo, possa stimolare sensazioni simili. Lo stesso parallelismo, potrebbe essere percepito fra l’architettura e la scultura, fra il canto e la poesia, e poi, ma basta con gli snobbismi, fra la lavorazione delle smalto e, l’opera lirica, fra la tessitura di un tappeto e la creazione di un arazzo non vi è differenza se non quella datale da chi l’arte si diverte a schedare e rubricare. Tornando a citare l’attimo fuggente: le idee contenute nella prefazione del libro di testo, di Jonathan Evans Pritcher, professore emerito, che “misuravano sugli assi cartesiani” la grandezza di un opera mal si conciliano con la nostra immagine dell’arte, come vogliamo condividerla in questo Blog.
Testo di esempio